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Risposta all’articolo di Repubblica “Volpi, lupi e cinghiali la giungla arriva in città”

13 Febbraio 2013 | Non categorizzato

Pubblichiamo di seguito una lettera dell’associazione in risposta a un recente articolo apparso sulla versione cartacea del quotidiano La Repubblica, a firma di Fabio Tonacci e intitolato “Volpi, lupi e cinghiali la giungla arriva in città”, che a nostro avviso affronta in maniera sensazionalistica e fuorviante il tema dell’espansione dell’areale di alcune specie selvatiche, tra cui l’orso bruno  marsicano. La lettera è stata inviata alla redazione di Repubblica con preghiera di pubblicazione.

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In risposta all’articolo di Fabio Tonacci intitolato “Volpi, lupi e cinghiali la giungla arriva in città”, pubblicato su Repubblica dell’11 febbraio 2013, noi di Salviamo l’orso – Associazione per la conservazione dell’Orso Bruno Marsicano ONLUS – ci sentiamo in dovere di esprimere il nostro rammarico per un articolo che sembra indirizzato più a colpire l’immaginario dei lettori facendo leva sulle paure ancestrali dell’uomo per presunte “belve feroci” che ad affrontare il problema della convivenza tra uomo e natura, forse l’ultima conquista incompiuta della civiltà moderna. Infatti, anziché porre l’accento sull’impatto il più delle volte nefasto dell’uomo sull’ambiente – ne sono un esempio proprio i cinghiali citati dal Tonacci, frutto di reintroduzioni effettuate negli anni ’70 dalle associazioni venatorie con cinghiali centroeuropei, più grossi e prolifici dell’omologo nostrano – si lamenta una presunta “rivalsa” dei selvatici sull’umanità attraverso l’enunciazione di tutta una serie di episodi che manifestano quanto l’essere umano rivendichi ancora il proprio ruolo di unico regolatore del Creato senza accettare alcun compromesso con le altre specie viventi di cui ha invaso, trasformato e distrutto l’ambiente naturale.

Sulla questione dei danni all’agricoltura, occorre ricordare che oggi il progresso tecnologico offre delle soluzioni ottime alla limitazione o eliminazione dei cosiddetti conflitti tra uomo e selvatici. Un esempio sono i recinti elettrificati a protezione di armenti, apiari e orti che vengono consegnati in comodato d’uso grazie ai vari progetti Life europei, ma che spesso vengono utilizzati male e senza il minimo sforzo di manutenzione da impedirne il corretto funzionamento. Nonostante l’accesso agevolato a queste contromisure, si registra ancora da parte di un substrato della popolazione il ricorso a metodi vili (lacci, veleno) indirizzati alla “bonifica” di animali la cui unica colpa è seguire la propria natura. Non bisogna tralasciare il fatto che molti danni al bestiame domestico generalmente attribuiti al lupo sono causati da branchi di cani randagi. Il fenomeno ha raggiunto proporzioni preoccupanti per la zootecnia, la conservazione degli habitat, la salute e la sicurezza pubbliche, ma anche in questo caso non si analizzano le cause antropiche del fenomeno né si interviene per risolverle: abbandono di cani e mancati interventi delle ASL locali sul territorio.

Riguardo alla questione dei danni agli automobilisti per l’investimento di animali selvatici, è bene ricordare che quasi tutti i paesi europei, persino quelli considerati più arretrati e alcuni non ancora comunitari, si sono dotati di sistemi di mitigazione delle situazioni di pericolo per l’attraversamento di

cervi, cinghiali, orsi e lupi, con un occhio di riguardo anche alla fauna “minuta” (mustelidi, ricci, anfibi, roditori) che, invece, vengono ogni anno sacrificati sulle nostre strade in nome della “fretta”. Tra le misure di mitigazione ci sono i cosiddetti “corridoi verdi” (sovrappassi, sottopassi), dissuasori ottici e sonori, ecc. Tutte misure che nel nostro paese hanno un utilizzo limitato all’iniziativa isolata di alcuni enti parco e associazioni ambientaliste come la nostra. Al di là delle prevedibili polemiche sui costi di queste strutture – polemiche che non mancherebbero di evidenziare, qualora ce ne fosse ancora bisogno, il profondo deficit di cultura ecologica della nostra società – potrebbe bastare l’accortezza di non pigiare sull’acceleratore oltre i limiti consentiti dalla legge in quei tratti di strada e in determinati periodi in cui la mobilità animale è più intensa (primavera-autunno) per evitare incidenti. Questa si dimostrerebbe la soluzione migliore di tutte in termini costi-benefici.

L’articolo di Repubblica affronta i temi della conservazione della natura con estrema superficialità, fermandosi all’enunciazione di cifre facilmente contestabili. Per esempio, limitandoci all’orso, tutte le associazioni ambientaliste e gli addetti ai lavori, pur augurandosi in cuor loro che le stime del Tonacci risultino veritiere, lamentano un numero di esemplari ben al di sotto del minimo vitale (100 esemplari) tanto della popolazione di Ursus arctos sulle Alpi (35-40 esemplari) che della sottospecie appenninica dell’orso bruno, l’Ursus arctos marsicanus (40-50 esemplari). Purtroppo siamo ancora molto lontani dagli 80 orsi marsicani citati da Repubblica. Ora il voler presumere che tutti gli esemplari di questa ridottissima popolazione siano diventati confidenti è una pura invenzione giornalistica. Inoltre, si preferisce glissare sul perché animali selvatici da sempre timorosi dell’uomo abbiano perso ogni timore reverenziale, cioè che orsi, volpi e lupi, ma anche ungulati, sono stati nutriti artificialmente per sfruttare la loro vicinanza come attrattiva turistica, oppure è stato fatto ben poco per impedire loro l’accesso a fonti di cibo “facili” come le discariche o i bidoni della spazzatura. Poi succede che gli stessi esseri umani che hanno richiamato questi animali dal bosco per sfruttarne l’immagine a fini commerciali siano i primi a lamentarsi degli effetti collaterali della loro presenza. Da ciò l’esigenza di favorire un turismo più naturalistico e responsabile, condizione essenziale per la comprensione, il rispetto e, ahimè, la necessaria valorizzazione economica del patrimonio naturale e faunistico italiano. Ancora una volta Tonacci si schiera a favore delle ragioni economiche della categoria degli allevatori- agricoltori ignorando paradossalmente che la domanda di turismo naturalistico è in costante aumento.

In conclusione, l’articolo del Tonacci potrebbe rallegrarci come testimonianza della presenza di animali che un tempo erano scomparsi dal nostro “sentire” ancor più che dal nostro “vedere” se, secondo noi, non recasse con sé un germe avverso all’idea di convivenza pacifica uomo-selvatici e agli sforzi dell’Unione Europea in favore della biodiversità. Non è trasformando l’Italia – il paese in Europa con maggiore biodiversità – in un deserto, in un giardino zoologico o, peggio, in un circo con animali ammaestrati che l’italiano si sentirà al sicuro dalla “giungla” e dalle sue “belve”, tutt’altro: la distruzione delle risorse naturali (inquinamento delle falde acquifere e dell’aria), deforestazione, cementificazione e abusivismo edilizio sono le minacce più imminenti alla sopravvivenza della specie homo sapiens e della biodiversità di cui essa è parte integrante suo malgrado insieme all’orso, al lupo e ad altri nostri “vicini”.

 

Stefano Orlandini

Presidente – Salviamo l’Orso