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L’Ente Parco Nazionale Gran Sasso e Monti della Laga apre all’ingresso dei cacciatori nell’area protetta

13 Ottobre 2016 | Non categorizzato

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Molti speravano che con la recente nomina del nuovo presidente del Parco, l’avv. Tommaso Navarra di Teramo, nel Consiglio Direttivo dell’Ente Parco si sarebbe vista una maggiore attenzione per la conservazione dell’ambiente dell’area protetta. Purtroppo si sbagliavano.
Infatti, una delle prime preoccupazioni del neo-presidente è stata quella di proporre al Consiglio una delibera relativa al Piano di gestione del cinghiale, nella quale si conferma, per chi non lo avesse capito, quanto già deliberato nella riunione del Consiglio direttivo del maggio 2016, che “Nelle aree del Parco dove si concentrano i danni al patrimonio agricolo verranno attivate, laddove possibile, anche misure di contenimento basate su abbattimenti selettivi da appostamento fisso o in girata”.
Questa delibera servirà forse a qualcuno per spendersi politicamente il consenso di qualche cacciatore, ma non serve a nulla per quanto riguarda il problema dei danni alle colture arrecati dai cinghiali. Infatti, nel Parco esiste un efficientissimo sistema di intrappolamento dei cinghiali mediante recinti di cattura, che sono già in funzione da anni, messo a punto dal Parco stesso per consentire la cattura di poco meno di un migliaio di capi ogni anno. Va poi considerato che la stessa caccia in braccata, assai più efficiente rispetto all’appostamento e alla girata (di certo non ai recinti), ma anche estremamente invasiva ed a forte impatto ambientale, esercitata all’esterno del Parco, non risolve certamente il problema, confermando dunque le conclusioni a cui sono giunte recentissime ricerche scientifiche che dimostrano come un‘intensificazione degli abbattimenti spesso indiscriminati alteri la struttura demografica delle popolazioni di cinghiale, spingendo le femmine a figliare più spesso ed in età più precoce. Ricordiamo, inoltre, che gli agricoltori che operano all’interno del Parco si trovano in una situazione privilegiata rispetto a quelli delle aree circostanti, in quanto nel Parco si pagano i danni arrecati dalla fauna selvatica, al contrario di quanto succede ormai da tempo fuori dai suoi confini. Negli ultimi anni risulta senza tema di smentita che nel Parco le catture con i recinti siano aumentate e parallelamente le richieste di danni siano diminuite.
Ricordiamo, poi, che gli abbattimenti con il fucile risultano pericolosi in quanto il Parco è intensamente frequentato dai turisti, dagli escursionisti in genere, dai cercatori di funghi e tartufi. I cacciatori autorizzati agli abbattimenti potrebbero, poi, in condizioni di erba alta, scambiare i cinghiali con altre specie protette come cervi, caprioli, lupi o addirittura qualche orso; senza contare che i controlli che dovrebbero essere necessariamente effettuati qualora fossero in corso gli abbattimenti sarebbero necessariamente a carico dei forestali che operano nel Parco, i quali sono già pochi e dovrebbero essere distolti da altri servizi essenziali.
Il Parco, poi, costituisce una forte attrazione turistica importante per le comunità locali. Tuttavia, i visitatori dei parchi nazionali si aspettano di vedere animali vivi e non certo di sentire spari, che tra l’altro spaventano la fauna e la rendono, quindi, più difficilmente osservabile. Il provvedimento non sarebbe una bella immagine per il Parco e per l’Ente che lo gestisce. non solo, potrebbe avere una ricaduta negativa sull’afflusso di escursionisti e turisti naturalistici, vanificando il buon lavoro di promozione del territorio svolto dalle cooperative e dai giovani locali negli ultimi anni… perché mai visitare un Parco Nazionale dove al suo interno si gira armati e si è autorizzati a sparare??

 

LIPU Abruzzo – Stefano Allavena
ALTURA Abruzzo – Fabio Borlenghi
Salviamo l’Orso – Stefano Orlandini
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