Esame autoptico post mortem sulla carcassa dell’orsa
L’orsa Amarena è stata uccisa da un unico colpo mortale. Il proiettile le ha perforato i polmoni e il decesso è sopraggiunto per emorragia. È quanto è emerso dai primi risultati della necroscopia, eseguita il 5 settembre nel dipartimento di medicina veterinaria dell’Università degli studi di Teramo, sul corpo del plantigrado che il Sig. Andrea Leombruni ha ammazzato a San Benedetto dei Marsi. Prima dell’esame, i veterinari hanno eseguito anche una radiografia sulla carcassa del plantigrado che ha confermato la morte per emorragia. Il colpo è entrato nel polmone dal fianco vicino alla spalla, ha compresso irrimediabilmente tutti gli organi e, provocato un’emorragia interna. Dalle analisi è emerso che quella di Amarena è stata una morte lenta, che lei ha anche tentato di combattere alzandosi più volte da terra inutilmente e che in passato le avevano già sparato, più volte forse, ma con dei pallini da caccia che le avevano provocato danni non letali. La medesima circostanza era emersa durante l’autopsia sulla carcassa dell’orso “Stefano” ucciso nel luglio 2013 sul Monte Marrone nel versante molisano del PNALM. Il ritrovamento dei pallini da caccia nel corpo di Amarena conferma, qualora se ne fosse ancora dubitato, che alcuni soggetti continuano a utilizzare le armi da fuoco contro l’orso in un’area protetta. Alcuni orsi confidenti scomparsi e mai più ritrovati negli ultimi 5 anni, vedi “Mario” e “Peppina”, quest’ultima frequentatrice del Parco Nazionale della Maiella, sono stati sicuramente oggetto di un atto di bracconaggio e poi fatti sparire, cosa che non è riuscita questa volta al Sig. Leombruni e ai suoi amici grazie al tempestivo intervento sul posto dei guardiaparco che quella notte stavano seguendo e monitorando Amarena e i suoi cuccioli.
Risultato della perizia balistica richiesta dal Magistrato e dalle Associazioni
Amarena non era in atteggiamento aggressivo quando è stata colpita da un proiettile al fianco. Innocua, insomma. Lo dice una perizia disposta dalla procura di Avezzano. Il perito balistico Paride Minervini ha confermato che l’orsa è stata raggiunta da un colpo di carabina con un proiettile calibro 12 che l’ha colpita alla spalla perforando il polmone come ha stabilito l’esame necrologico condotto dal professor Rosario Fico. Il proiettile era stato individuato dalle lastre fatte sull’esemplare nella clinica dell’università e poi estratto durante l’esame autoptico all’Istituto Zooprofilattico di Teramo. Fra 90 giorni Minervini depositerà la perizia che sarà cruciale per definire le responsabilità dell’indagato, servirà infatti per stabilire la distanza e la traiettoria del proiettile che ha ucciso Amarena.
Cosa abbiamo fatto come Salviamo l’Orso
Dopo l’uccisione di Amarena SLO ha dato incarico allo Studio Legale Pezone, che cura i nostri interessi da molti anni, di presentare alla Procura della Repubblica di Avezzano un esposto sui fatti. L’esposto depositato in Procura il 3 settembre ci permetterà di seguire ed essere direttamente informati sui vari passi dell’inchiesta e, quindi, intervenire anche con i nostri periti, nell’attesa di un quasi certo, speriamo celere, rinvio a giudizio, del Sig. Leombruni. A quel punto la nostra associazione si costituirà parte civile contro l’imputato e prenderà parte, tramite i suoi avvocati, al dibattimento processuale, portando ulteriori elementi di prova a dimostrazione della premeditazione del reato commesso.
La situazione e lo stato dei cuccioli a 25 giorni dalla morte della loro madre
I due piccoli, partoriti a gennaio scorso dall’orsa, dopo circa 36 ore di sbandamento in cui sono rimasti nei pressi di San Benedetto dei Marsi, un’area altamente pericolosa e non adatta alla specie (una zona agricola intensiva, pianeggiante, piena di capannoni e con un fitto reticolo di strade provinciali ed interpoderali percorse da un traffico intenso di furgoni ed autocarri) si sono spostati di circa 25 Km in linea d’aria, in un territorio montuoso, boscato e già frequentato assiduamente con la loro madre , quindi da loro ben conosciuta, a cavallo dei confini del parco. Da quel momento, pur continuando a effettuare degli spostamenti anche notevoli, sono stati osservati quasi quotidianamente dai guardiaparco del PNALM o da alcuni residenti locali che ne hanno segnalato immediatamente la presenza agli organi del parco. Tutte le osservazioni e gli avvistamenti concordano sul fatto che i cuccioli si dimostrano estremamente attivi, giocano tra di loro, così com’è caratteristica di quasi tutti i mammiferi a questa età e segno di benessere, e si nutrono autonomamente. Ciò è confermato dall’analisi dei loro escrementi effettuata dai guardiaparco. Una signora che li ha osservati il 18 settembre li ha descritti: “…molto più grossi di quello che mi erano apparsi nei video della notte del 31 agosto”.
Quindi si può star tranquilli sul loro futuro?
Certamente non ancora. Se il fatto che i cuccioli stanno crescendo e sono rimasti insieme riduce il rischio di predazione da parte di lupi e cani inselvatichiti, rimangono estremamente rischiosi gli attraversamenti stradali alla luce dei loro continui spostamenti. L’assenza della madre, più esperta e a suo agio nell’area del parco, dove purtroppo le strade sono molte e gli utenti indisciplinati ed imprudenti ancora molti, espone i cuccioli a un alto rischio di investimento.
Vi era altro modo di intervenire per salvaguardare i piccoli di Amarena?
Noi crediamo di no. Dopo aver capito che i cuccioli erano impossibili da catturare con una trappola a gabbia o manualmente con una rete perché troppo cresciuti (8 mesi e mezzo) e mobili, il PNALM ha giustamente eliminato l’opzione di narcotizzarli a distanza con il fucile spara-siringhe, poiché il rischio che l’anestesia li uccidesse era altissimo, come era alto il rischio di spaventarli avvicinandosi e così provocando la loro separazione, quando invece il fatto che rimangono insieme è fondamentale al momento per la loro sopravvivenza.