Lettera aperta ai candidati Presidenti alle elezioni regionali del 10 marzo 2024 in Abruzzo
Al di là della retorica sull’Abruzzo Regione Verde d’Europa, nei programmi elettorali dei due principali candidati alla presidenza, il tema della tutela della biodiversità è appena sfiorato (un generico riferimento all’importanza di parchi e riserve nel programma di Luciano D’Amico) o ignorato (nel programma di Marco Marsilio).
L’Unione europea, attraverso la strategia sulla biodiversità 2030, braccio fondamentale del Green Deal, punta al ripristino della biodiversità a vantaggio dei cittadini, del clima e del pianeta, per rafforzare la resilienza delle nostre società rispetto a minacce future quali:
- gli effetti dei cambiamenti climatici
- gli incendi boschivi
- l’insicurezza alimentare
- le epidemie, anche proteggendo la fauna selvatica e combattendo il commercio illegale di specie selvatiche.
Il Regolamento Europeo definitivamente approvato dal Parlamento europeo il 27 febbraio 2024, vincolante per gli Stati Membri, prevede che venga ripristinato il 20 percento degli habitat naturali marittimi e terrestri europei entro il 2030 e il 90 percento entro il 2050, attraverso una serie di interventi concreti che tutti gli Stati membri dovranno obbligatoriamente programmare.
La Regione Abruzzo da decenni è completamente assente per quanto riguarda le azioni a tutela della biodiversità (v. il documento allegato) e anzi una miriade di interventi infrastrutturali pressoché quotidianamente peggiorano le condizioni ecologiche del territorio regionale.
In armonia con quanto stabilito dall’Art. 51 del proprio Statuto, la Regione Abruzzo dovrebbe destinare e utilizzare adeguate le risorse finanziarie e umane per dare un futuro alla natura che ancora connota la nostra Regione e alle persone che la abitano.
Per avviare concretamente una nuova stagione politica in linea con la strategia europea sulla biodiversità, le scriventi associazioni chiedono ai candidati presidenti di impegnarsi a realizzare i seguenti cinque obiettivi:
Monitoraggio della biodiversità
La conoscenza della situazione delle specie vegetali e animali, in particolare quelle protette dalle leggi europee, è alla base di qualsiasi azione per il ripristino della biodiversità.
Nella Regione Abruzzo questa funzione non viene esercitata, nonostante esista sulla carta un Osservatorio Regionale sulla Biodiversità (peraltro privo di budget). Basti pensare che i circa 950 mila euro destinati dal Piano di Sviluppo Rurale per lo «Studio/monitoraggio sullo stato di conservazione delle specie e degli habitat di interesse comunitario» non sono stati utilizzati e sono andati perduti.
L’Ufficio Parchi della Regione da decenni ha un organico di quattro persone inferiore a quello della piccola biblioteca regionale di Sulmona.
Occorre, pertanto, dotare l’ufficio parchi di personale adeguato con le necessarie competenze tecnico-scientifiche e istituire un autentico Osservatorio regionale sulla biodiversità, provvisto di sufficienti risorse finanziarie e con il compito di redigere rapporti generali annuali sullo “stato della biodiversità” e specifici sulle singole specie a rischio. Questo osservatorio deve assorbire i compiti svolti dal cosiddetto “Osservatorio faunistico”, di fatto un ufficio destinato solo a fornire un supporto per le ordinarie attività venatorie e ittiche.
Piani di Gestione delle Aree “Natura 2000” e territori agricoli
All’interno dei Zone Speciali di Conservazione (ex SIC) e Zone di protezione speciale (ZPS) o aree protette ogni anno vengono autorizzati interventi di grande impatto ambientale. A titolo di esempio si ricordano la recente distruzione o manomissione irreparabile di alcune aree umide come il lago di Pagliara nel Parco Nazionale del Gran Sasso Monti della Laga, la canalizzazione con il taglio completo della vegetazione ripariale lungo i fiumi Lavino e Vomano a Montorio al Vomano, la totale distruzione (sbancamenti con ruspe) delle praterie di alta quota di Valle Lenzuola a Ovindoli nel Parco Regionale Sirente Velino, la realizzazione di vasti parcheggi a Campo Imperatore e la distruzione di pareti rocciose (con nidi di uccelli rapaci) nelle Gole di Fara San Martino e nel SIC di Turrivalignani.
L’assenza dell’approvazione dei piani di gestione per queste aree (soprattutto se esterne ai parchi), che costituiscono il serbatoio fondamentale della biodiversità regionale, favorisce questa intollerabile deriva distruttiva.
Nel lontano 2014, la Regione Abruzzo finanziò con circa 3 milioni di euro del passato Piano di sviluppo rurale (PSR) i Piani di Gestione dei ben cinquanta SIC e ZPS regionali, approvando una procedura che venne classificata come Best Practice dalla Rete Rurale Nazionale (unico caso per un PSR in Abruzzo).
La Regione, tuttavia, NON HA MAI APPROVATO i Piani, con conseguenze negative sia per le aziende potenzialmente beneficiarie dei fondi sia per la tutela della biodiversità. Si continua, invece, a utilizzare i cospicui fondi europei da destinare alla tutela della biodiversità nel settore agro-alimentare secondo criteri assistenziali e senza controlli sugli effetti prodotti dagli interventi.
È necessaria, viceversa, una gestione della Rete Natura 2000 e dell’agricoltura e del territorio agricolo – ove i dati degli ultimi anni mostrano che la perdita della biodiversità è costante e drammatica a prescindere dalle risorse elargite dai PSR– rigorosamente improntata al criterio della pianificazione preventiva.
Aree protette regionali
In Abruzzo sono state istituite ventiquattro Riserve Naturali regionali, alcune su aree di notevole interesse naturalistico altre in territori con un valore ambientale e floro-faunistico paragonabile a quello di un parco urbano.
Ai sensi della L.R. 38/1996 la gestione è affidata ai Comuni, a differenza di quanto avviene in altre Regioni dove le riserve sono gestite e controllate da personale regionale (Direttori, Tecnici, guardiaparco), con eventuale supporto di OnG e imprese. In Abruzzo, il personale che vi opera è completamente precario e assunto con contratti annuali. Il ruolo della Regione e dell’Ufficio parchi è di mera revisione contabile.
Occorre, invece, dotare, almeno, le riserve regionali più significative di una effettiva struttura di governo e di personale e mezzi adeguati tale anche da supportare l’attività dell’ Ufficio Parchi regionale.
Tagli e utilizzazioni forestali
Con l’entrata in vigore della L.R. 3/2014 la Regione ha assegnato ai propri uffici foreste e demani le competenze autorizzative per la pianificazione forestale e le autorizzazioni dei tagli.
Nonostante buona parte dei tagli, con singoli interventi su territori, anche di molte decine di ettari, siano localizzati all’interno di aree protette e siti della Rete Natura 2000, i progetti e le istruttorie sono ancora esclusivamente guidati da criteri produttivi.
Le obbligatorie Valutazione d’Incidenza Ambientale dei tagli sono, nella stragrande maggioranza dei casi, inutili relazioni compilative redatte da agronomi o forestali senza alcuna esperienza floro-faunistica.
È necessario, viceversa, che queste valutazioni siano condotte in modo rigoroso alla luce della strategia e delle leggi europee sul ripristino delle biodiversità, prevedendo sempre la presenza di esperti ecologi, zoologi, botanici.
Investimenti stradali degli animali selvatici
Tutti ricordano l’investimento con esito mortale dell’orso “Juan Carrito” a Castel di Sangro, ma lungi dall’essere un caso isolato è un problema diffuso e preoccupante. A farne continuamente le spese non sono solo le specie protette (Orso bruno, Lupo) ma anche le persone, con danni economici per i risarcimenti pagati agli investitori dalla Regione Abruzzo.
I limitatissimi interventi di prevenzione sono stati il frutto di azioni del tutto estemporanee, mentre non sono stati MAI finanziati ecodotti o ponti naturali e barriere idonee, come avviene in altre regioni italiane ed europee.
Occorre, pertanto, realizzare adeguati ecodotti, utilizzando i fondi strutturali del POR FESR come da anni fanno Grecia, Croazia o Spagna.