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Biologia & habitat

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La popolazione di orso bruno dell’Appennino centrale venne descritta come sottospecie con il nome di Ursus arctos marsicanus da Giuseppe Altobello, un naturalista molisano, nel 1921.

Rispetto alle altre popolazioni di orso bruno europee, la sottospecie appenninica si distingue per vari caratteri morfologici e morfometrici del cranio particolarmente evidenziabili negli esemplari adulti. Mentre nelle femmine e nei giovani il cranio è simile a quello delle altre popolazioni euro-asiatiche, nei maschi il capo è corto, allargato, alto con una cresta marcata ed il muso corto.

Nonostante le dimensioni ridotte rispetto all’orso bruno alpino-balcanico, i maschi di orso bruno marsicano solitamente raggiungono un peso tra i 130 e i 200 kg con un’altezza di 180-190 cm in posizione eretta, mentre le femmine sono più piccole e raramente superano i 120 kg. In genere il rapporto tra sessi nella specie è di 1:1.

La vista degli orsi non è molto acuta, ma compensano con un senso dell ’olfatto estremamente sviluppato. Si stima che sia 2.000 volte più forte di quello umano. L’olfatto viene utilizzato non solo per trovare cibo, ma anche per identificare i pericoli e per comunicare con i conspecifici. Infatti, gli orsi al loro passaggio lasciano dei “segnali odorosi” che possono essere letti dagli altri orsi. Il verso dell’orso si chiama ruglio. Sebbene in cattività possano vivere oltre 40 anni, difficilmente in natura superano i 25 anni. Ogni anno si ripete, simile ma mai uguale.

Tempo di amori…

Tra maggio e giugno inizia il periodo degli amori e degli accoppiamenti.
I corteggiamenti avvengono ogni anno negli stessi luoghi, che corrispondono spesso ai siti in cui le femmine senza cuccioli vanno ad alimentarsi. Non tutti possono partecipare al corteggiamento, infatti i maschi combattono tra di loro e stabiliscono una gerarchia di accesso alle femmine. Ogni femmina può mettere al mondo da 1 a 3 cuccioli, raramente 4, e partorisce ogni 3-4 anni, a cominciare dal quarto anno di età. Far sopravvivere una cucciolata richiede molto tempo ed energia. Per questo, tra i maschi vincitori, sono le femmine a scegliere quale pensano che possa essere il miglior padre per i cuccioli.
Molto spesso vengono scelti maschi di circa 10 anni; infatti a quest’età i maschi raggiungono la loro massima prestanza fisica e hanno acquisito una certa esperienza. Le coppie possono passare insieme fino a diverse settimane, in questo modo i maschi si assicurano che la femmina conquistata non si accoppi con altri maschi. Dopo le primissime fasi di sviluppo l’ovulo fecondato si arresta in uno stato di quiescenza o diapausa embrionale.

E di cuccioli…

I cuccioli nascono tra gennaio e febbraio, durante il letargo. Alla nascita pesano tra i 200 e i 500 grammi. L’alto valore nutrizionale del latte materno consentirà la rapida crescita degli orsacchiotti, che saranno pronti a uscire dalla tana al risveglio della madre. I cuccioli restano con la madre per circa due anni, durante questo periodo devono imparare dove e come alimentarsi, come comportarsi in caso di incontri con altri orsi, i luoghi pericolosi e quelli sicuri. Circa la metà dei cuccioli sopravvive al primo anno di vita. Le principali cause di morte sono: patologie, predazione, aggressione da parte di maschi adulti e avvelenamento. Anche i cuccioli orfani hanno scarse probabilità di sopravvivenza, a meno che non vengano adottati in un altro nucleo familiare.

Tempo di mangiare…

Nonostante sia considerato il carnivoro più grande d’Italia, la sua dieta è costituita per circa l’80% da sostanze vegetali. L’orso si nutre principalmente di faggiola, ghiande, ramno, bacche, radici, frutta selvatica, insetti, miele e carne. Gli orsi per prepararsi all’inverno hanno bisogno di grandissime quantità di cibo. Durante il periodo prima dell’ibernazione, chiamato periodo di iperfagia, possono passare fino a 14 ore al giorno alimentandosi aumentando il loro peso fino al 40%.

Tempo di dormire…

In occasione della prima nevicata dell’anno gli orsi iniziano a ritirarsi nelle proprie tane. Ha inizio il periodo di ibernazione, durante il quale i ritmi metabolici sono ridotti al minimo. In letargo gli orsi non urinano, non defecano, respirano 1-2 volte al minuto e il cuore lavora a 10 battiti al minuto. Il periodo di ibernazione è molto delicato. Il disturbo da parte dell’uomo può svegliare gli orsi in letargo. Una volta svegli iniziano a consumare molta energia e devono mettersi a cercare delle fonti di cibo, non sempre reperibili in inverno. Nel peggiore dei casi l’orso potrebbe decidere di abbandonare la tana. Questo, nel caso di orse madri, può determinare l’abbandono dei piccoli in tana. L’orso sceglie la tana in luoghi particolarmente inaccessibili e tranquilli, spesso si tratta di cavità della roccia dove l’animale accumula rami ed erba per crearsi un giaciglio. Le tane sono solitamente composte da un ingresso basso e largo, che consenta l’accumulo di neve all’ingresso, e da una camera di dimensioni ridotte.

L’orso bruno marsicano allo stato naturale

è in grado di colonizzare molte tipologie

di ambiente diversi.

L’habitat del plantigrado è molto vario e varia secondo la stagione. Va dai boschi di montagna alle radure di fondo valle, che frequenta a inizio primavera, fino alle praterie d’alta quota, nelle quali si trasferisce nei mesi più caldi in cerca di refrigerio e per nutrirsi delle bacche del ramno che maturano a fine estate.

Tra i 900 e i 1900 m di quota la faggeta è la regina dell’Appennino centrale. In queste foreste la specie dominante è il faggio (Fagus sylvatica) ma si possono trovare associazioni, rare e protette, come quella con il tasso (Taxus baccata) e l’agrifoglio (Ilex aquifolium), o con l’abete bianco (Abies alba). La faggeta per l’orso, e per molti altri animali, è un rifugio ideale, specialmente nelle aree di più difficile accesso.
Mantenere integre queste aree rifugio è essenziale per la sopravvivenza degli orsi. Ad oggi le principali foreste montane dell’Appennino centrale sono protette un articolato sistema di parchi e riserve naturali. È fondamentale dare continuità all’areale degli orsi, per permettere loro di muoversi da un’area rifugio all’altra attraversando in sicurezza il fondovalle e le aree di maggiore concentrazione antropica. 



La popolazione di orso bruno marsicano è concentrata quasi esclusivamente nel territorio del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise e nella Zona di Protezione Esterna. Altre aree limitrofe stanno lentamente iniziando ad essere interessate da una stabile presenza dell’orso, come la Riserva Naturale Regionale Monte Genzana Alto Gizio e il Parco Nazionale della Maiella. Tuttavia, per garantire un futuro a questa sottospecie unica al mondo, auspichiamo una colonizzazione stabile anche in aree che per ora hanno visto solo la presenza sporadica di giovani in dispersione, come il Parco Regionale Sirente Velino, le Montagne della Duchessa, i Monti Carseolani, i Monti Ernici, il Terminillo, il Gran Sasso e i Monti della Laga e i Monti Sibillini.



Salviamo l’Orso
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